venerdì 30 agosto 2013

Il “massimo” successo di un ristorante?

I “massimi” frutti di una buona pizza o un buon piatto?


Nel mondo della pizza, e non solo, capita spesso di fare ricerca di prodotti per nuovi abbinamenti,  prove di impasti e tentativi vari con lo scopo ultimo di ottenere una produzione che si faccia apprezzare al massimo per la sua bontà.

Oggi, produrre qualcosa "coi fiocchi", pizza o pietanza che sia, così come la qualità dei prodotti scelti, è indiscutibile per assicurare al proprio locale un buon numero di clienti. Tuttavia, a molti pizzaioli o cuochi, capita che, nonostante riescono a fare qualcosa di “eccellente”, raramente ottengono il massimo del successo che “meritano”.

Perché accade questo?
Dove è il problema?
Come risolverlo?

In effetti, nel continuo tentativo di dare sempre il meglio si finisce spesso per concentrarsi solo su ciò che si mangia e i suoi ingredienti, lasciando tutto il resto in secondo piano.
Anche se ciò che è nel piatto (pizza o pietanza), rappresenta gran parte della motivazione (circa il 40%), che orienta il cliente nel decidere quale locale scegliere, esso non è l’unica cosa su cui egli pone la propria attenzione quando si reca in un "locale".

Insieme a ciò che mangia, il cliente “compra” molte altre cose, il servizio offerto, la possibilità di sedere ad un tavolo, di stare al caldo e riparato quando fuori fa freddo, il modo di porsi del personale di servizio, la possibilità di essere in un locale frequentato da bella gente e alcune altre cose ancora. Una buona pizza/pietanza è come un quadro d'autore, una cornice inadeguata o scadente ne minimizza il valore.

L’offerta ristorativa si compone di: 1) la dimensione legata ai cibi e la loro modalità di produzione e ingredienti; 2) la struttura (tavoli, sedie, temperatura ambiente, atmosfera, ecc.); 3) la dimensione umana (interazione tra personale e cliente, abilità professionali, abilità sociali, ecc.). Le ultime due fanno da cornice alla prima.

Metaforicamente si dice che il massimo livello che l’acqua può raggiungere in un tino, è quello relativo alla doga più bassa. In pratica, se applichiamo la stessa analogia alla ristorazione, si capirebbe facilmente che il massimo successo che il locale può ottenere, è pari a quello che la dimensione meno performante può offrire.

Facciamo un esempio: Abbiamo un bel locale, del bravo personale, ma il cibo è scadente, questo non fa crescere l’attività come potrebbe.

Viceversa, abbiamo delle pietanze ben preparate e di ottima qualità, del personale molto in gamba, ma il locale è poco piacevole oppure è sporco. Questo limita ugualmente la quantità massima dei clienti.

Così accade anche per l'aspetto umano legato al locale, del personale poco curato nell'aspetto, poco competente nelle sue mansioni, che crea confusioni negli ordini, ecc., fa percepire il resto del servizio come scadente e quindi limita l’affluenza dei clienti.

 La crescita, quindi, si limita alla massima quantità di clienti che è disposta ad accettare quel livello di qualità.

Per risolvere il problema bisogna porre la giusta attenzione su tutto il contesto e non solo alla pizza o pietanza che sia.

Come per una buona pizza è importante la qualità del prodotto impiegato, la tecnica di impasto, i tempi di lievitazione, la cottura, la consistenza, il sapore, i profumi, l'aspetto visivo, la digeribilità, ecc.

Così nelle altre dimensioni (locale e personale), vanno prese in considerazione le singole componenti per fare una continua ed accurata valutazione, tenerle costantemente sotto controllo e migliorarle quando è necessario.

Questi accorgimenti, certamente non mostreranno i loro risultati subito nell'immediato, ma con l'andar del tempo. Bisogna attendere che il passaparola faccia mutare la vecchia reputazione del locale, tuttavia mai si inizia e mai si realizza.
(dr. Enrico De Nigris)